Paul Graham: il pifferaio magico dei nerd
Paul Graham: il pifferaio magico dei nerd
Il Sottomarino // The Submarine
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Il Sottomarino // The Submarine

Traduzione in italiano di Irene Mingozzi dall’essay originale di Paul Graham "The Submarine"
Traduzione e lettura in italiano di Irene Mingozzi dall’essay originale di Paul Graham "The Submarine" [Aprile 2005].
Immagine generata con Midjourney

Il New York Times scrive: "I completi riconquistano il mondo del business". Perché vi suona familiare? Forse perché i completi avevano già riconquistato il mondo del business anche lo scorso febbraio, a settembre 2004, giugno 2004, marzo 2004, settembre 2003, novembre 2002, aprile 2002 e febbraio 2002.

Perché i media continuano a raccontare che i completi sono tornati di moda? Perché glielo dicono le società di PR. Una delle cose più sorprendenti che ho scoperto durante la mia breve carriera imprenditoriale è stata l'esistenza dell'industria delle pubbliche relazioni, che si nasconde come un enorme e silenzioso sottomarino sotto le notizie. Delle storie che si leggono sui media tradizionali e che non riguardano la politica, i crimini o i disastri, più della metà probabilmente proviene da società di PR.

Lo so perché ho passato anni a cercare di ottenere questi "successi di stampa". La nostra startup spendeva l'intero budget di marketing per le pubbliche relazioni: in un periodo in cui costruivamo da soli i nostri computer per risparmiare, pagavamo una società di pubbliche relazioni 16.000 dollari al mese. E ne valeva la pena. Le pubbliche relazioni sono l'equivalente della SEO, l'ottimizzazione dei contenuti per apparire più in alto nei motori di ricerca; invece di acquistare annunci, che i lettori ignorano, ci si fa inserire direttamente nelle storie.1

La nostra società di PR era una delle migliori del settore. In 18 mesi sono riusciti a farci pubblicare in oltre 60 pubblicazioni diverse. E non eravamo gli unici per cui facevano grandi cose. Nel 1997 ricevetti una telefonata da un altro founder di startup che stava pensando di assumerli per promuovere la sua azienda. Gli dissi che erano delle divinità nel campo delle pubbliche relazioni e che valevano ogni centesimo dei loro scandalosi compensi. Ma ricordo di aver pensato che il nome della sua azienda fosse strano. Perché chiamare un sito di aste "eBay"?

Simbiosi

Le pubbliche relazioni non sono disoneste. Non proprio. Infatti, il motivo per cui le migliori società di PR sono così efficaci è proprio che non sono disoneste. Forniscono ai giornalisti informazioni veramente preziose. Una buona società di PR non disturba i giornalisti solo perché glielo dice il cliente; ha lavorato duramente per costruire la propria credibilità con i giornalisti e non vuole distruggerla dando loro in pasto della mera propaganda.

Se c'è qualcuno che è disonesto, sono i giornalisti. Il motivo principale per cui esistono le società di PR è che i giornalisti sono pigri. O, per dirla in modo più gentile, sono sovraccarichi di lavoro. Dovrebbero essere là fuori a scovare storie per conto loro. Ma la tentazione è quella di starsene seduti nei loro uffici e lasciare che le società di PR portino loro le storie. Dopo tutto, sanno che le buone società di PR non mentiranno.

Un buon adulatore non mente, ma dice alla sua vittima verità selettive (che bel colore hanno i tuoi occhi). Le buone società di pubbliche relazioni utilizzano la stessa strategia: forniscono ai giornalisti storie che sono vere, ma la cui verità favorisce i loro clienti.

Ad esempio, la nostra società di PR proponeva spesso storie su come il Web permettesse ai piccoli commercianti di competere con i grandi. Questo era assolutamente vero. Ma il motivo per cui i giornalisti finivano per scrivere storie su questa particolare verità, piuttosto che su un'altra, era che i piccoli commercianti erano il nostro mercato di riferimento e noi pagavamo la loro fonte.

Le pubblicazioni fanno ricorso in maniera diversa l’una dall’altra alle società di pubbliche relazioni. In fondo alla piramide ci sono i giornali di settore, che traggono la maggior parte del loro denaro dalla pubblicità e darebbero le riviste gratis se gli inserzionisti glielo permettessero.2 Queste pubblicazioni sono un mucchio di annunci, incollati insieme dal numero minimo di articoli che la fanno sembrare una rivista. Sono così alla ricerca disperata di "contenuti" che alcune pubblicheranno i vostri comunicati stampa quasi alla lettera, se vi prendete la briga di scriverli in modo che sembrino articoli.

All'altro estremo ci sono pubblicazioni come il New York Times e il Wall Street Journal. I loro giornalisti vanno a cercare le proprie storie, almeno in parte. Ascolteranno le società di pubbliche relazioni, ma brevemente e con scetticismo. Siamo riusciti a ottenere contatti con la stampa in quasi tutte le pubblicazioni che volevamo, ma non siamo mai riusciti a entrare nell'edizione cartacea del Times.3

Il punto debole dei reporter più famosi non è la pigrizia, ma la vanità. Non bisogna proporre loro delle storie. Dovete avvicinarvi a loro come se foste un campione raro sotto il loro microscopio onniveggente e far sembrare che la storia che volete far pubblicare sia una loro idea.

Il nostro più grande colpo di PR è stato un colpo in due parti. Abbiamo stimato, sulla base di un calcolo abbastanza informale, che c'erano circa 5000 negozi sul Web. Abbiamo ottenuto che un giornale pubblicasse questo numero, che sembrava abbastanza neutrale. Quindi, una volta che questo "fatto" fu pubblicato, potemmo citarlo ad altre pubblicazioni e affermare che con 1000 utenti avevamo il 20% del mercato dei negozi online.

Questo era più o meno vero. Avevamo davvero la fetta più grande del mercato dei negozi online e 5000 era la nostra migliore ipotesi sulle sue dimensioni. Ma il modo in cui la storia è apparsa sulla stampa la faceva sembrare molto più precisa.

Ai giornalisti piacciono le affermazioni decise. Ad esempio, molte delle notizie sulla condanna di Jeremy Jaynes dicono che era uno dei 10 peggiori spammer. Questo "fatto" ha avuto origine dall'elenco ROKSO di Spamhaus, che credo che anche Spamhaus ammetterebbe essere un'ipotesi approssimativa dei migliori spammer. Le prime notizie su Jaynes citavano questa fonte, ma ora viene semplicemente ripetuta come se fosse parte dell'accusa.4

Tutto ciò che si può dire con certezza su Jaynes è che era uno spammer abbastanza grande. Ma i giornalisti non vogliono scrivere cose vaghe come "abbastanza grande". Vogliono affermazioni incisive, come "top ten". E le società di pubbliche relazioni danno loro ciò che vogliono. Per esempio, ci dicono che indossare un abito ci renderà più produttivi del 3,6%.

Buzz

Il lavoro delle agenzie di PR diventa veramente scorretto quando si tratta di generare "buzz". Di solito, la stessa storia viene inviata a diverse testate contemporaneamente. E quando i lettori vedono storie simili in più posti, pensano di essere davanti a un tema di tendenza. Ed è esattamente quello che le società di PR vogliono fargli credere.

Quando fu lanciato Windows 95, la gente aspettava fuori dai negozi a mezzanotte per comprare le prime copie. Nessuno di loro sarebbe stato lì senza le società di pubbliche relazioni, che hanno generato un tale fermento nei media che si è auto-rinforzato, come una reazione nucleare a catena.

Non sono sicuro che le agenzie di PR lo abbiano capito, ma il Web permette di tracciarle in azione. Se cerchi le frasi comuni, trovi numerosi tentativi nel corso degli anni di piazzare storie sul ritorno del completo. Ad esempio, l'articolo di Reuters riportato da USA Today nel settembre 2004. Inizia con "Il completo è tornato".

Articoli che parlano delle tendenze, come questo, sono quasi sempre opera di società di PR. Una volta che si sa come leggerli, è facile capire chi è il cliente. Quando parlano delle tendenze, le società di PR di solito fanno intervenire uno o più "esperti" per parlare del settore in generale. In questo caso ne abbiamo tre: l'NPD Group, il direttore creativo di GQ e un direttore di ricerca di Smith Barney.5

Quando si concludono gli interventi degli esperti, di solito compare il cliente. E bingo, eccolo lì: Men's Wearhouse.

Non c'è da stupirsi, visto che Men's Wearhouse stava diffondendo annunci con la frase "Il completo è tornato". Un vero successo mediatico: un articolo di agenzia che inizia con il tuo stesso slogan pubblicitario.

Il trucco per trovare altri riscontri sulla stampa da un dato lancio è rendersi conto che sono tutti originati dallo stesso documento della società di PR. Cerca qualche frase chiave e i nomi dei clienti e degli esperti, e troverai altre varianti della storia.

Il venerdì casual è out e il dress code è in, scrive Diane E. Lewis sul Boston Globe. Per una straordinaria coincidenza, tra i contatti della Lewis c'è anche il direttore creativo di GQ.

I jeans strappati e le T-shirt sono fuori moda, scrive Mary Kathleen Flynn su US News & World Report. E anche lei conosce il direttore creativo di GQ.

Gli abiti da uomo sono tornati, scrive Nicole Ford su Sexbuzz.Com (che si definisce "la rivista di intrattenimento maschile per eccellenza").

L'abbigliamento casual perde appeal mentre gli uomini indossano completi in ufficio, scrive Tenisha Mercer del The Detroit News.

Ora che molti articoli di cronaca sono online, sospetto che si possa trovare uno schema simile per la maggior parte delle storie pubblicate dalle società di PR. Propongo di chiamare questo nuovo sport "PR diving" e sono sicuro che ci sono esempi molto più eclatanti di questo gruppo che ho evidenziato io.

Online

Dopo aver passato anni a cercarli, per me è ormai una seconda natura riconoscere i comunicati stampa per quello che sono. Ma prima di assumere una società di pubbliche relazioni, non avevo idea della provenienza degli articoli dei media tradizionali. Sapevo che molti erano pessimi, ma non capivo perché.

Ricordate gli esercizi di lettura critica che facevate a scuola, in cui dovevate guardare un testo e fare un passo indietro per chiedervi se l'autore stesse dicendo tutta la verità? Se volete davvero essere un lettore critico, dovete fare un ulteriore passo indietro e chiedervi non solo se l'autore sta dicendo la verità, ma anche perché stia scrivendo di un determinato argomento.

Online, la risposta tende a essere molto più semplice. La maggior parte delle persone che pubblicano online scrivono quello che scrivono per il semplice motivo che vogliono farlo. Non si vedono le impronte digitali delle società di pubbliche relazioni su tutti i loro articoli, come invece accade in molte pubblicazioni cartacee, e questo è uno dei motivi per cui, anche se non se ne rendono conto, i lettori si fidano di più dei blogger che di Business Week.

Recentemente ho avuto una conversazione con un amico che lavora per un importante quotidiano. Lui ritiene che i media stampati siano in serie difficoltà e che stiano ancora negando il problema. "Pensano che il declino sia ciclico," ha detto. "In realtà è strutturale."

In altre parole, i lettori se ne stanno andando e non torneranno.

Perché? Credo che il motivo principale sia che la scrittura online è più onesta. Immaginate quanto sarebbe incongruo l'articolo del New York Times sui completi se lo leggeste in un blog:

Il desiderio di apparire professionali - eleganti, autorevoli, prudenti, ma con un tocco di presunzione nella manica ben tagliata - è uno sviluppo inaspettato in un periodo di scarsa considerazione per il mondo degli affari.

Il problema di questo articolo non è solo il fatto che sia stato scritto da una società di pubbliche relazioni. L'intero tono è falso. Questo è il tono di qualcuno che parla con condiscendenza al proprio pubblico.

Nonostante i suoi difetti, la scrittura che si trova online è genuina. Non è un composto indefinito fatto di frammenti di articoli promozionali e comunicati stampa, modellato a forma di giornalismo accattivante. Sono persone che scrivono ciò che pensano.

Non avevo capito, fino a quando non è emersa un'alternativa, quanto fosse artificiosa la maggior parte della scrittura nei media tradizionali. Non dico che credessi a ciò che leggevo su Time e Newsweek. Fin dai tempi del liceo, ho considerato riviste come quelle più come guide su cosa la gente comune fosse indotta a pensare, piuttosto che come fonti di informazione. Ma non mi sono reso conto, fino agli ultimi anni, che scrivere per una pubblicazione non doveva significare scrivere in quel modo. Non sapevo che si potesse scrivere con la stessa sincerità e informalità che usereste scrivendo a un amico.

I lettori non sono gli unici ad aver notato il cambiamento. Anche l'industria delle pubbliche relazioni se ne è accorta. Un divertente articolo pubblicato sul sito della PR Society of America va al cuore della questione:

I blogger sono attenti a non diventare voci di altre organizzazioni e aziende, ed è proprio per questo che hanno iniziato a fare blogging inizialmente.

Le PR temono i blogger per lo stesso motivo per cui piacciono ai lettori. E questo significa che potrebbe esserci uno scontro in futuro. Poiché questo nuovo tipo di scrittura allontana i lettori dai media tradizionali, dovremmo essere preparati a qualsiasi mutazione delle PR per compensare la situazione. Se penso a quanto duramente le società di PR lavorano per ottenere successi di stampa sui media tradizionali, non posso immaginare che lavoreranno meno duramente per fornire storie ai blogger, se riusciranno a capire come.

Note

1

Le PR hanno almeno una cosa positiva: favoriscono le piccole aziende. Se le PR non funzionassero, l'unica alternativa sarebbe la pubblicità, che solo le grandi aziende possono permettersi.

2

Gli inserzionisti pagano meno per gli annunci nelle pubblicazioni gratuite, perché presumono che i lettori ignorino qualcosa che ricevono gratuitamente. Questo è il motivo per cui molte pubblicazioni di settore hanno nominalmente un prezzo di copertina eppure regalano abbonamenti gratuiti con tanta disinvoltura.

3

Le diverse sezioni del Times variano talmente tanto nei loro standard che sono praticamente giornali diversi. Chiunque abbia dato in pasto al giornalista della sezione Moda questa storia del ritorno degli abiti sarebbe stato rifiutato dai giornalisti della sezione Cronaca.

4

L'esempio più eclatante che conosco di questo tipo è il "fatto" che il worm di Internet del 1988 abbia infettato 6000 computer. Ero presente quando è stato elaborato, e questa è stata la ricetta: qualcuno ha ipotizzato che ci fossero circa 60.000 computer collegati a Internet, e che il worm avrebbe potuto infettare il dieci per cento di essi.

In realtà nessuno sa quanti computer il worm abbia infettato, perché la soluzione è stata il reboot, e questo ne ha distrutto ogni traccia. Ma alla gente piacciono i numeri. E così questo “fatto” si è replicato su Internet, come un piccolo worm a sé stante.

5

Non tutte sono state necessariamente fornite dalla società di pubbliche relazioni. I giornalisti a volte chiamano qualche fonte aggiuntiva per conto proprio, come chi aggiunge qualche verdura fresca a una zuppa confezionata.

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Tutti gli essays di Paul Graham tradotti in italiano e trasformati in un podcast. Da tante mani e tante voci.